A proposito della consapevolezza che è indispensabile per una corretta prevenzione vorrei citare testualmente quanto scritto da mio padre Dott. Bernardino Bianchi circa trenta anni fa.
“L’uomo, viene da noi perché si sente “pericolante” e cosa vuole? La salute! Cosa di cui, dicono per convinzione o per demagogia i nostri politici, il cittadino ha diritto. E, confortato da questo diritto, egli entra nel nostro studio come si può entrare in un qualsiasi negozio e fare uno scambio: con la sua tessera o, anche con il suo denaro, egli vuole comprare la guarigione. Egli si dimentica che la salute non si compra né dal medico né dal farmacista. La salute è un bene che ognuno ha in se e che deve ritrovare. Bisogna essere degno di averlo questo bene perché la salute è un bene di Dio, Dio non ha fatto l’uomo ammalato, è l’uomo che diventa ammalato, la colpa è solo sua; vivendo al di fuori delle leggi naturali, la sua omeostasi si è alterata portandolo lentamente e progressivamente alla malattia. …
… La malattia dovrebbe essere per l’uomo, un’occasione per fare una sosta, ogni uomo che si ammala dovrebbe fermarsi e meditare su se stesso, pensare, entrare in se; cosa che oggi pochi fanno.
Siamo come delle macchine, ci lasciamo trascinare dagli avvenimenti della vita e non ci fermiamo più, ci ferma solo la malattia. Se una macchina si guasta e si ferma, i tecnici possono ripararla e sovente farne anche una revisione completa; ma l’uomo, macchina intelligente, pensante, purtroppo troppo spesso ha bisogno della malattia per fermarsi, per fare una sosta. Chissà se ne ha mai fatta una nella sua vita. Non parlo di sosta come una vacanza per es., intendo una sosta di tutto il suo essere, non sola sosta fisica ma anche sosta mentale, spirituale.
La revisione della nostra macchina dovrebbe essere una introspezione: chi sono, perché sono nato, vivo nel modo giusto, sono in regola con le leggi della natura, perché mi sono ammalato, dove ho sbagliato? Se ogni ammalato facesse questa specie d’esame di coscienza il 50% dei suoi malanni migliorerebbe.
Non affannarsi, rimanere sereno, accettare, Padre Armellini afferma che l’ammalato che non accetta la sua malattia è, davanti a Dio, uno sconfitto.
Dovrà sì curarsi, ma dovrà accettare la malattia e le sue conseguenze. La disperazione non lo migliorerà, la guarigione è in lui e lui solo può guarirsi, avrà bisogno d’aiuto, ma deve prendere coscienza che dentro di lui qualche cosa deve cambiare, solo così l’aiuto esterno potrà essergli proficuo. Capito tutto questo, l’uomo avrà già fatto un primo passo verso la guarigione.”
Trent’anni dopo queste riflessioni scopriamo che tutto è invariato se non peggiorato, si cerca sempre la scappatoia più comoda che non alteri il nostro stile di vita ma che risolva velocemente i nostri problemi perchè la malattia e la morte non sono contemplate tra i possibili eventi soprattutto fino ai 50 60 anni.